Topolino 3017
Il numero 3017 si apre con il ritorno di WoM che si rivela però alquanto interlocutorio: una storia sceneggiata discretamente bene da Venerus che sembra poter reggere diginitosamente fino al termine, salvo poi afflosciarsi completamente in un finale tanto insipido quanto repentino. Restano come retaggi ambrosiani i duelli magici a colpi di incantesimi dai nomi ridicoli, ma soprattutto non è chiaro come debba essere considerata questa avventura: come episodio a sè è deludente, come parte di un mosaico narrativo più ampio, che si dipani in più puntate, magari diluite nel tempo potrebbe avere un suo significato. D’altra parte la corposa riepilogazione dei precedenti capitoli che occupa ben 10 pagine del numero, farebbe pensare a una eventualità del genere (difficile credere che si sia sentito il bisogno di dedicare tanto spazio a tutto quanto è già stato scritto per una sola avventura autoconclusiva). Sicuramente se ne saprà di più nelle prossime settimane.
Con La Banda Bassotti e il fattore M, Sisti sacrifica la coerenza narrativa per portare sulle pagine del settimanale l’ennesimo tributo alle mode televisive e sociali: i Bassotti, finiti in fondo alla classifica dei malfattori per i loro fallimenti, talmente incapaci che nessuno vuole nemmeno avere a che fare con loro, mettono però a segno colpi a ripetizione e di prestigio che gli consentono di andare avanti (seppur truffaldinamente) nel talent show? Passando sopra all’inconsistenza della trama resta però l’interesse di scoprire come andrà a finire la vicenda.
Leggendo i credits di Nonna Papera e il mistero del pomodoro viaggiatore non ci si meraviglia che, di fianco a Urbano per i disegni, figuri il nome di Macchetto come autore dei testi: la storia è tipicamente sua, in tutto, nella scelta delle tematiche, in come viene portata avanti in maniera a metà tra l’etereo e l’incomprensibile, nel suo dipanarsi in una sequenza di suggestioni più che seguendo una traccia narrativa vera e propria, nella piega didattica che finisce col prendere da un certo punto in poi. Argomento interessante e d’attualità, spruzzato di un po’ di ecologia e risparmio che tirano sempre, ottimo perchè si rivolge sia ai più giovani che agli adulti, ma resta una pecca di fondo per un fumetto: la storia è di una noia mortale.
L’illusione di rifarsi con il nuovo episodio di Weird West Mickey dura poco: la serie ideata da Ambrosio e sceneggiata da Chantal Pericoli che sembrava dovesse spiccare il volo dopo una interessante prima puntata, sta ripiegando su se stessa. Il titolo, Diablero, e il riferimento alla luna comanche nelle prime pagine, richiamano alla mente una delle più classiche e magiche storie di Tex. Ma la magia dura poco, la suspense si spegne in fretta e i disegni volutamente fin troppo umoristici di Gula insieme a incongruenze disseminate qui e là ci conducono ad una resa dei conti all’acqua di rose. E’ opportuno glissare sul tocco ambrosiano (c’è da scommetterci) della “story on demand”: chi ha ancora voglia di leggere può distrarsi piuttosto con la storia di un simpatico e bravo artista di strada oppure fare scorta di luoghi comuni seguendo le tipiche interviste da ufficio stampa in cui i baby attori di “Violetta” spiegano come riescono a vivere il loro successo grazie agli amici e ai genitori che li tengono ben ancorati alla realtà e tenendo i piedi per terra. Il che conferma una volta di più che “se c’è qualcosa che è immorale è la banalità”