Topolino 2776
C’è stato un artista del fumetto, il più grande di tutti, che per un paio di volte si concesse il vezzo di autoritrasi in un paio di sue storie, ce ne fu anche un secondo, italiano e Maestro anch’egli, che si divertiva a nascondere qua e là il suo monogramma. Grandi artisti, comunque persone destinate a lasciare la loro impronta nel mondo del fumetto.
Oggi c’è un autore che oltre a dissacrare presuntuosamente quanto fatto da altri prima di lui, arriva non solo ad autocitarsi in una sua storia, ma anche ad apparire come personaggio all’interno della stessa, regalandosi il suo quarto d’ora di celebrità(?).
Tralasciando lo sfogo per questa brutta sorpresa, l’analisi del resto del Topolino di questa settimana non si presta davvero ad entusiasmi particolari: la storia del dottor Mouse, che avevo accolto con entusiasmo la settimana scorsa, procede esclusivamente a ritmo di gag, qualcuna anche un po’ moscia, non facendo ancora intravedere la presenza di una trama o di una storia.
Anche la storia di Cimino, da me solitamente adorato, non sembra reggere il confronto con le sue ultime storie: un finale frettoloso e un disegno un po’ trasandato la fanno scivolare verso l’oblio nonostante qualche buona battuta dei paperi. Della storia di Ambrosio ho già detto, ma ritengo deludenti anche la storia di Manetta (che ho trovato particolarmente debole di trama: perché mai il capo della banda di falsari dovrebbe mostrarsi a Manetta e Rock Sassi quando li ha già legati e gli resta solo di fuggire?) e quella di Paperino e il giorno fortunato: scontata e banalotta.
Per finire, forse la storia migliore del numero, ben illustrata da Vian e scritta, non senza qualche caduta di stile per la verità (tipo i Papergreci da Carlo Panaro: di poche pretese ma divertente e con due tre spunti che fanno sorridere.
Ah, dimenticavo, una curiosità: la vignetta “Che aria tira” della sempre brave Silvia Ziche, sembra essere un remake di una copertina dell’Almanacco Topolino di qualche anno fa…