Topolino 2943
Il topolino n. 2943 è quello dell’addio a Rodolfo Cimino, scomparso poco più di due settimane fa dopo 51 anni di carriera disneyana a livelli pressochè sempre eccellenti. Al ricordo personale e sentito di Valentina De Poli nell’editoriale si aggiunge un piccolo servizio di 4 pagine all’interno: un po’ didascalico a parte il bel disegno dedicato da Cavazzano al suo amico, ma la direttrice si è già impegnata per un omaggio ben più importante e consono alla grandezza dell’autore (e tutto sommato molto più gradito ai lettori, orfani ora di una delle penne più fiabesche ed evocative del fumetto), si tratta solo di aspettare.
Detto ciò, la copertina lascia intravedere già quale sarà il tema portante del volume, ovvero l’ecologia e infatti la prima avventura, “Archimede e la trovata della carta riciclassificata” è una classica storia ecologica in cui Macchetto e Perina tessono le lodi del riciclaggio della carta. Trama assolutamente inconsistente e vicenda che cerca di essere simpatica pur sapendo di essere noiosa. Il messaggio è giusto ma c’è da chiedersi cosa offrano in più storie come questa, senza nerbo, rispetto a un articolo come quello che la segue: la leggerezza nella lettura forse? Probabilmente sì, ma anche la forza del messaggio però viene alquanto alleggerita.
In “Topolino e la conchiglia di Kunguroa” (Sarda/Soldati) torna zio Jeremy: Sarda non prova nemmeno a sorprendere i lettori, l’ennesima caccia al tesoro segue pedissequamente il classicissimo copione delle avventure passate, se si conoscono quelle è quasi inutile leggerla. Si salvano però le tavole iniziali e quelle finali dominate dall’istrionismo dello zio e dai divertenti scambi di battute tra lui e il suo antagonista.
La breve storia di Gagnor e Perissinotto, “Risorsa ospiti” della serie “Zapping – dietro le quinnte a Telequack” introduce le ultime due storie lunghe dell’albo. “Quel gran genio di Manetta”, scritta da Bosco è forse più lunga di quel che meriterebbe, non particolarmente divertente, nè in grado di evocare il Manetta faraciano degli anni ’90, però merita comunque una menzione visto che non è da tutti i giorni vedere citate sul settimanale opere come “La critica della ragion pura” di Kant! Il disegno di Asteriti è invece nettamente migliore delle sue ultime prove anche se la sua resa di rock sassi continua a lasciar parecchio a desiderare.
La chiusura è affidata a quella che è la storia migliore del numero, “Paperino e la verità della frottola” una straniera ad opera di Gilbert e Pujadas che prende in giro, criticandole, una serie di ipocrisie che molti di noi perpetriamo tutti i giorni anche se non vogliamo ammetterlo, oltre ad un certo modo di fare giornalismo (se così si può chiamare). Forse un po’ ingenua, ma divertente e fresca quanto basta e con un finale che educa senza essere stucchevole. E poi gli appassionati della fantascienza anni ’50-’60, nel rivedere la sequenza iniziale (e finale) dell’invasione degli ultracopri interpretata da Paperino non potranno non esserne compiaciuti.
Il comparto redazionale, oltre all’omaggio a Cimino, conta il servizio “ecologico” a cui fa da traino la storia di apertura e il resoconto di una giornata in redazione dei lettori di un passato concorso. A questo proposito, visto che il premio consisteva nel far scoprire come nasce una storia a fumetti, piuttosto che una inutile carrellata di foto dei vincitori con la direttrice o con gli autori e la cronaca dell’avvenimento, sarebbe stato più interessante illustrare veramente come nasce una storia a fumetti a beneficio di tutti quei piccoli (ma anche grandi, perchè no?) lettori rimasti al di qua del banco. Il premio dei vincitori non ne sarebbe certo stato sminuito (avere gente come Artibani che ti spiega il suo mestiere dal vivo non è certo come leggerlo) e avrebbe al contempo incuriosito e interessato molte altre persone.