Topolino 2949

30 MAG 2012
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Un numero non indimenticabile, nonostante i nomi coinvolti, quello che troviamo in edicola questa settimana. Carlo Panaro è presente con due storie: la prima, a cui spetta aprire l’albo, è “Topolino e l’aquila d’oro” e vede ai disegni nientemeno che Massimo De Vita. Visto il tema archeologico non può non ricordare le grandi storie scritte dall’autore milanese con Zapotec trenta e più anni fa come “l’eniga di Mu” o “la citta di Psathura”. Il confronto però è tutto a favore di queste ultime: l’avventura odierna procede in maniera abbastanza prevedibile e non trasmette molto pathos. Il definitivo colpo di grazia viene dato dal disegnatore che, come sua abitudine, raffigura i “villains” con un profilo abbastanza caratteristico, cosicchè anche l’unico flebile colpo di scena non arriva inaspettato ad un lettore di vecchia data. La speranza è che il pubblico più giovane ne esca maggiormente sorpreso anche se la storia in sè non è comunque memorabile.

La seconda storia di Panaro, “Paperinik e l’enigma delle nebbie” è disegnata da Ettore Gula e presenta i difetti di molte storie lunghe più o meno recenti dell’autore spezzino: un bel primo tempo in cui la tensione cresce nella giusta maniera parallelamente all’interesse del lettore e poi tutto si sgonfia in un secondo tempo decisamente fiacco con una risoluzione insoddisfacente e alquanto sbrigativa.
Ancora un nome eccellente per la terza storia lunga del numero: Giorgio Cavazzano disegna “Paperino e la caccia ai colori scomparsi” su testi dei coniugi Mc Greal. I due autori però non brillano per originalità con un plot tra i più usati, in varie versioni, nelle storie dei paperi (la ricerca di cose di varia natura ai quattro angoli del mondo): più che mai in questi casi, la differenza deve farla la sceneggiatura ma le vicende narrate non sono particolarmente divertenti nè emozionanti. Restano almeno i sempre pregevoli disegni di Cavazzano.
In fin dei conti la storia più gradevole del numero è la piccola “Affari di famiglia” della serie “Pippo on line” ad opera di Giorgio Salati e Stefano Intini, giunta al terzo episodio: una riempitiva che però ha il pregio di ripresentare con il giusto ritmo e con divertimento la vulcanica Zia Tessie oltre ad una classica parata di “pippidi”. Un semplice intermezzo che regala più intrattenimento delle sue “sorelle maggiori”.

Riguardo l’aspetto redazionale oltre a una veloce carrellata delle divinità greche, spazio alla messa in opera del progetto “Cenerentola” con anche un’intervista a Carlo Verdone.

In definitiva un numero che si colloca un po’ al di sotto della media dell’ultimo periodo.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"