Topolino 2962

29 AGO 2012
Voti del fascicolo: Recensore: Medio: (13 voti) Esegui il login per votare!

Ad appena un mese dalla conclusione della precedente avventura in quattro parti torna sulle pagine del settimanale Double Duck: c’è da chiedersi se possa essere conseguenza di un buon successo riscosso, magari anche grazie al gadget relativo. Sembra difficile spiegare altrimenti la sovraesposizione di una serie che, pur con la recente ripresa qualitativa, è costretta a riutilizzare quasi sempre lo stesso canovaccio, la solita apparecchiatura da recuperare in lotta contro il tempo e contro l’organizzazione. Pole position ci trasporta quindi nel mondo della formula 1, con la consueta passerella di caricature più o meno riuscite e, appunto, con un futuristico e potenzialmente rivoluzionario marchingegno da trovare. L’intreccio costruito da Gagnor, per quel che si può vedere da questa prima parte, sembra interessante, anche se la scrittura è nettamente meno briosa della saga olimpica di Artibani, Intini è uno spettacolo ai disegni.

Discreta delusione riserva invece l’ultima puntata di Dove osano le papere, la “soap” architettata da Bosco e Silvia Ziche: era ovviamente scontato che le quattro amiche prima o poi sarebbero “ritornate nei ranghi”. Quello che non era scontato è che l’avrebbero fatto in questa maniera veloce, banale ed ecumenica. Tutte le sottotrame si risolvono in quattro e quattr’otto, senza nessun vero colpo di scena, senza un approfondimento e anche con una certa faciloneria (vedi ad esempio la vicenda di Paperina o quella di miss Paperett). Certo, si può pensare che questa sia una di quelle avventure dove il percorso conta più della destinazione, ovvero dove il piacere di narrare prende il sopravvento sul cosa narrare e difatti le quattro puntate precedenti hanno fornito un bel ritratto della vita di un gruppo di amiche alle prese con un cambiamento radicale della loro esistenza. Proprio per questo però si sarebbero meritate, forse, una conclusione più appagante.

Completano il numero una breve di Bosco e Gatto, una storia di Indiana Pipps che sembra non finire mai e “Paperino e il pezzo da collezione” scritta da Figus e disegnata da Lucci, storiellina come se ne vedono a decine, senza particolare originalità.

Apparato redazionale consistente questa volta: oltre l’ennesimo servizio dedicato a “Ribelle – The brave”, un reportage fumettato dedicato (almeno così è presentato) al campionato di calcio ma che è monopolizzato da Marcello Lippi, che allena a qualche decina di migliaia di Km da qui e una interessante intervista a Francesco Guccini, di cui sono noti da sempre i suoi ottimi rapporti col fumetto (anche se il simpatico Francesco non sembra molto aggiornato sull’offerta editoriale odierna)

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"