Topolino 3145
Commentando il numero 3145 in maniera tradizionale ci si potrebbe soffermare sul nuovo episodio di Fantomius, in cui finalmente si concretizza l’incontro tra due delle personalità paperopolesi più importanti degli anni ’20. Certo, l’epilogo è forse fin troppo obbligato nel suo svolgimento (troppo “personaggi” entrambi perchè uno dei due ne uscisse sconfitto), ma Gervasio ha sicuramente fatto un ottimo lavoro cercando di incastrare tutto l’universo di sua creazione (sua almeno al 90%) in quella che ormai è una storiografia accettata. Forse però è il caso di porre l’attenzione su altri aspetti. Principalmente sul fatto che il settimanale sembra essere avviato verso una fruizione “usa&getta”. Se escludiamo Fantomius, non c’è una sola storia delle altre che resti nella memoria, non una che spinga domani o fra un anno a riprendere in mano il volume. Stanno sparendo quelle che potremmo chiamare le storie buone-ottime, con una produzione che invece è sempre più divisa tra storie-evento da una parte (PK, le grandi parodie, i kolossal di Casty, Fantomius,…) e storielline dimenticabili a colmare il vuoto tra una storia-evento e l’altra. Se si aggiunge il fatto che, con le nuove politiche editoriali, le prime vengono di fatto raccolte in uscite dedicate, ecco che il settimanale perde molto del suo appeal. Perchè spendere € 2,50 per una storia di Indiana Pipps alla ricerca del solito manufatto, che incontra sempre per il solito caso l’unico indigeno che può dargli le indicazioni, con l’ennesima inutile entrata in scena di Kranz? Perchè spendere per una storia di Paperone in cui la solita invenzione di Archimede va male ma non viene nemmeno spiegato il perchè? Fa le bizze, questo é il massimo che é dato sapere e tanto deve bastarci.
Sorvoliamo sul reparto grafico, onesti disegnatori ma nessuno capace di emozionare davvero.
La verità é che, con tutto il rispetto per chi ci lavora, molti numeri recenti del settimanale potevano tranquillamente essere lasciati in edicola senza perdere granché.
Si sente la mancanza delle storie buone, appunto. Di quelle non epocali o legate a particolari eventi, ma in grado comunque di avvincere il pubblico, di divertirlo e di farlo più volte, ad ogni lettura. Manca qualche robusto giallo con Topolino, mancano le imprese di Zio Paperone (scritte bene però!), mancano storie che ci ricordino perchè Paperino è così amato, per limitarsi agli spunti più classici, ma ben vengano altre idee purchè valide.
Qualcosa c’è, un Faccini di tanto in tanto, i Turconi sempre più raramente e via così, ma davvero è merce sempre più rara. Viene da chiedersi se non sia il caso di ritornare ad ospitare storie di produzione estera scegliendo con cura, sempre che non ci siano motivi editoriali-economici che lo impediscano.
C’é poi anche l’ipotesi piú semplice (e piú triste), cioé che il grosso del pubblico che segue i fumetti Disney voglia proprio questo e sia felice cosí.
Quante stelle vogliamo dare ad un numero come questo? Tre, la sufficienza, perchè comunque gli autori hanno fatto il loro dovere e non ci sono certo storie brutte. Però finirà nello scaffale e resterà lì a catturare polvere.