Topolino 3187

27 DIC 2016
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Anche se da tempo il lato consumistico ha preso prepotentemente il sopravvento, il Natale, al di là dei significati religiosi, è sempre stata considerata la festa dei buoni sentimenti: dal Canto di Natale di Dickens alla tradizione di San Nicola, ciò che accomuna queste narrazioni è il loro essere permeate del cosiddetto spirito natalizio, denominazione astratta e vaga di una entità sfuggente e di difficile definizione.

Il settimanale disneyano non fa eccezione e dalle storie corali degli anni '50 fino agli anni più recenti il numero natalizio si è quasi sempre distinto per ospitare storie che trasmettessero appunto queste sensazioni.

Per una volta quindi ci si potrà concedere una eccezione, evitando di scrivere un'opinione sulle storie giudicate in base ai canonici criteri ma valutando quanto esse siano aderenti allo spirito natalizio.
E poiché, come si diceva prima, è piuttosto difficile dire cosa esso sia veramente, andiamo per sottrazione, eliminando tutto ciò che non lo è (o non lo è in maniera compiuta).

Sicuramente ha poco di natalizio la storia di apertura scritta da Casty e da lui anche illustrata: il periodo in cui si svolge e in parte l'ambientazione, piccolo stato che richiama analoghi regni descritti da Scarpa e Gottfredson anche se stranamente posizionato a poche decine di miglia da Topolinia anziché in Europa, come pure il nome lascerebbe pensare.

È una classica avventura con molti elementi ormai tipici dell'autore, dalla protagonista dal carattere deciso e un aspetto apparentemente innocuo (is that you, Eurasia?), alla sequenza iniziale con i due protagonisti mantenuti nell'ombra. Tutto portato avanti con estrema leggerezza, a cominciare dal rapporto piuttosto “scanzonato” tra Topolino e Gambadilegno: non ci sono mai veri momenti di tensione, anzi si sfocia spesso in un umorismo quasi disarmante come nel dialogo tra Topolino e un Eta Beta appena ritrovato.
Una storia piacevole, ma da un punto di vista “natalizio” Casty aveva fatto molto meglio ad esempio con Il cappotto da un dollaro.

Non riesce meglio nell'opera Vito Stabile che invece punta direttamente alle atmosfere natalizie classiche ma in maniera abbastanza artificiosa, imbastendo una storia poco convincente al solo scopo di mostrare l'ennesimo gesto generoso mascherato da finto burbero di zio Paperone, cosa che è ormai quasi venuta a noia tanto viene riproposta pedissequamente e senza variazioni sostanziali. Citazioni sparse qua e là tentano di dare dignità a una storia che ha un sapore di vecchio (e non di classico che sarebbe stato molto diverso)

Quando tutto sembra perso ecco infine la sorpresa: una storiella di poche pagine, muta, una riempitiva che rischia di passare inosservata tra una gag allungata e un agente speciale Ciccio insipido come una bistecca di tofu.

Una breve avventura con protagonista Gambadilegno, scritta da Matteo Venerus e disegnata da Renata Castellani che però veicola un messaggio tutt'altro che banale: fare qualcosa di buono per il solo piacere di farlo e non per compiacersi di averlo fatto. Poche pagine in cui i lettori di Topolino possono vedere che sì, esistono anche persone povere, persone vestite di stracci, persone che chiedono l'elemosina (già, di solito nelle storie Disney si vedono persone che raccolgono soldi per altri, qua invece no, qua vediamo davvero dei mendicanti), poche pagine che riportano alla mente la Shacktown di Barks, una breve vicenda in cui un fuorilegge come Pietro compie un intero percorso, dal tentativo di ripulirsi la coscienza pagando, a una redenzione completa (seppur chiaramente temporanea). Sì, forse è questa la migliore storia natalizia del numero. Non sappiamo dire cosa sia di preciso questo spirito natalizio, ma questo piccolo lavoro sembra esserne pieno.

Completano il numero un approfondimento sul film Oceania nelle sale dal weekend di Natale e dieci (10!!) pagine dedicate a Laura Pausini.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"