Topolino 3193

06 FEB 2017
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Il Festival di Sanremo resta uno degli eventi televisivi e sociali principali in Italia. Nonostante i detrattori che sembrano annidarsi ovunque e che negli ultimi anni paiono moltiplicati dall’eco dei social, questo pacchiano baraccone supera abbondantemente ogni anno il 40% di share, il che vuol dire che nessuno lo ammette ma tutti (o quasi) lo guardano. La ragione delle storie sanremesi è tutta qua, la pubblicità derivante dalla parodia dell’evento è sufficiente per mandare giù il rospo di una storia bolsa, che si regge su uno spunto striminzito e culmina in un finale prevedibile dopo poche pagine. E’ bella? E’ brutta? Piace? Non piace? Non ha nessuna importanza, è una storia la cui funzione non è intrattenere ma cercare e dare visibilità e quando si ottiene un passaggio di diversi minuti sul tg1 con Mollica a fare da gran cerimoniere vuol dire che il suo lavoro l’ha fatto bene.

Per fortuna non di solo Sanremo si vive e quindi il numero ospita anche la seconda puntata degli Amazing files che almeno offrono spunti di discussione ben più interessanti. Finora bisogna dire che Enna ha fatto un buon lavoro: l’effetto “compagni di scuola” con il relativo carico di disillusioni è sempre presente e, dopo un Louis alquanto dimesso, questa settimana tocca a Betty Lou fare i conti con le sue aspirazioni mancate. Tuttavia l’autore ha avuto l’ottima idea di incastonare il tutto in una trama decisamente intrigante, ricca di quelle atmosfere tipiche della fantascienza anni ’50 che sono da sempre uno dei marchi distintivi della serie e che riesce a distogliere il lettore dal pensiero “questa storia non doveva essere scritta”. Il pensiero riaffiora subito dopo, a lettura ultimata, ma in maniera meno prepotente: è e resta una eresia, un tributo da pagare ai malati di gossip e di continuity, ma la curiosità per il prosieguo la rende una eresia sopportabile.

Mentre ci si chiede cosa spinga a recuperare personaggi che dovrebbero restare eternamente effigiati nella loro unica, memorabile apparizione per ficcarli in avventure insulse, si arriva alla storia di chiusura scritta da Sarda e illustrata da Mangiatordi. Avventura fin troppo canonica, 30 anni fa sarebbe stata carina, ma forse il problema è che siamo cresciuti. L’autore invece continua, giustamente, a rivolgersi non più a noi, ma a coloro che nel frattempo hanno preso il nostro posto. Speriamo che i ragazzini di oggi siano altrettanto ingenui e pronti a meravigliarsi.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"