Topolino 3202

05 APR 2017
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Con la conclusione di “Nemesis” si chiude anche il progetto Darkenblot, stando alle parole dei suoi stessi autori. Si è trattato di un felicissimo esperimento, un riuscito tentativo non solo di modernizzare la figura di Macchia Nera (di fatto l’unico villain Disney con la necessaria credibilità per affrontare un ruolo del genere) ma anche di vedere all’opera un Topolino vivo e dinamico come pochi oltre a Casty sanno ormai tratteggiare.

Inutile stare qui a fare la caccia alle citazioni: Darkenblot è immerso in un immaginario consolidato, scritto da due autori che hanno riversato più o meno inconsciamente molto del loro background in questa fatica, sarebbe una operazione sterile e inutile. Purtroppo quella delle citazioni (e spesso si va ben oltre la semplice citazione) è ormai una piaga a doppio taglio: da una parte troppe volte leggiamo storie inutili, scritte senza una idea solida, che cercano di salvarsi strizzando l’occhio al lettore con un richiamo. Dall’altra il lettore, solleticato dall’idea di scovare questi dettagli finisce col far passare in secondo piano la lettura vera.
Entrambi gli attori di fatto perdono di vista quello che dovrebbe essere l’obiettivo primario di una storia cioè narrare e intrattenere. Darkenblot questo lo fa ottimamente, le pagine scorrono via una dietro l’altra, la sceneggiatura non ha intoppi, i disegni sono davvero d’impatto.

Perciò per una volta val la pena lasciar perdere le idiosincrasie e godersi la storia, facendosi trascinare dal piacere della lettura.

Anche perché se sperate di rifarvi col resto del numero resterete delusi. Sì, c'è un simpatico “corto” di Faccini, divertente e nonsense, ma è davvero un lampo nel buio. Senza infierire sulle due brevi che non hanno nessuna pretesa le altre due storie lunghe del numero sono una delusione.

“Zio Paperone e la startapp cup” è un tentativo poco riuscito di parlare di un argomento di attualità e di sicuro interesse, ma per fare ció affastella personaggi su personaggi che fanno più che altro confusione, nessuno è davvero utile allo svolgimento. Oltre a ció, il tutto è anche carente di brio. Forse con un minor numero di protagonisti, la vicenda sarebbe stata meno frammentaria e l’intento didattico ne avrebbe giovato.

“Brigitta e la missione cupido” è perfetta per un bambino di otto anni. Già se uno di dieci dovesse trovarla divertente sarebbe preoccupante. Una commedia degli equivoci come mille altre ma che non riesce ad essere sorprendente come vorrebbe nè divertente come dovrebbe.

Il resto del giornale ospita una intervista al portiere del Milan e della nazionale, Donnarumma (cui vengono dedicate la copertina e qualche one-page a tema) e, un po’ più interessante, un piccolo approfondimento su robot e AI grazie alla partecipazione di due specialisti del settore.

Autore dell'articolo: Gianni Santarelli

Abruzzese, ingegnere elettronico riconvertito in quel che serve al momento. Il mio rapporto con i fumetti segue tutta la trafila: comincio a cinque anni con le buste risparmio della Bianconi (sovvenzionato da mia zia), poi Disney, i supereroi Corno, i Bonelli (praticamente tutti, anche se abbandonati man mano). Verso i 18 anni scopro le riviste della Comic Art, leggo "Stray toaster" di Sienkiewicz e inizio un giro del mondo fumettistico che ancora non termina. Fumetto franco-belga, argentino, americano, autori celebri e sconosciuti, tutto finisce nella mia biblioteca, molto aspetta ancora di essere letto, nel frattempo dilapido una fortuna. Su due cose sono profondamente ignorante: i supereroi "classici" (ad eccezione di Batman, per cui ho una venerazione, non leggo una storia dell'uomo ragno & c. dagli anni 80) e il fumetto giapponese. Per il Papersera, con il nick "piccolobush", collaboro all'annuale premio, scrivo qualche articolo quando necessario e mi occupo, con puntuale ritardo, del settimanale "Topolino"