Topolino 3547

21 NOV 2023
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Scherza coi fanti e lascia stare i santi, raccomanda la saggezza popolare. O, per dirla in termini disneyani, gioca pure con il lettore, azzarda strade diverse e metti in discussione realtà consolidate, ma evita di toccare qualcosa che – fumettisticamente parlando – gli appassionati percepiscono come sacro. Ad esempio, la Spada di Ghiaccio

Non era facile riprendere in mano, dopo tanto tempo, la mitica saga di Massimo De Vita ed essere all’altezza delle enormi aspettative che inevitabilmente si sarebbero create. Il primo tentativo fatto l’anno scorso, con Marco Nucci ai testi e Cristian Canfailla ai disegni, non aveva sortito gli effetti sperati, lasciando relativamente insoddisfatta l’esigente platea. All’annuncio di un nuovo capitolo, realizzato dal medesimo duo e anticipato a Halloween, non erano mancati, quindi, i mugugni.

Al termine della terza parte di Topolino e la profezia del Cavaliere Scarlatto, possiamo affermare che stavolta l’operazione è riuscita meglio. Le puntate precedenti erano state caratterizzate da alti e bassi, ma l’ingegnoso epilogo dà loro una luce diversa.

Oltre alle doti di Canfailla – che si conferma ottima scelta: riecheggia a tratti lo stile di De Vita, ma ha una propria innegabile originalità – le trenta tavole che aprono il numero 3547 di Topolino mettono in risalto il buon lavoro di Nucci. L’autore ha cesellato qui una sceneggiatura valida, in un’abile commistione tra l’utilizzo di nuovi elementi e il ripescaggio di quelli esistenti (pur un po’ sacrificati in taluni casi).

In questo episodio è piacevole ritrovare, dopo decenni, una figura ironicamente maestosa quale il Vecchio della Montagna, e si rivelano davvero spassose le interazioni dell’ex custode della Stella di Aldebaran con il famelico Lupo che da sempre lo accompagna.

La morale della favola

Lo humour che permea le pagine è ben dosato, e il colpo di scena finale, con il ribaltamento della prospettiva e l’incontro inatteso tra due autentiche leggende dell’Argaar, risulta spiazzante e al contempo credibile, poiché preparato con estrema cura. C’è spazio anche per la “morale della favola”, declinata in maniera irresistibile da Topolino e Pippo, con persino un intervento del venerabile Yor.

Insomma, pur restando inavvicinabili le vette devitiane, il ritorno-bis segna un passo in avanti rispetto al primo esperimento, meno ispirato e convincente. Sulla necessità di continuare a dare seguiti a capolavori del genere si potrebbe aprire un lungo dibattito, ma è chiaro che, almeno in termini di mercato, l’iniziativa sta pagando.

I cultori del fantasy possono gioire perché, al pari della settimana scorsa, assieme alla Spada di Ghiaccio trovano anche l’apprezzato Ritorno a Ducktopia. Magari sarebbe stato preferibile non sovrapporre le due saghe, dalle ambientazioni simili e con alcuni personaggi in comune, come Pippo, che, nel giro di poche pagine, passa senza colpo ferire da Cugino di Alf a Goofunculus.

Nel secondo dei quattro episodi previsti, intitolato L’Imperatrice dei fiori, Francesco Artibani e Licia Troisi proseguono a ritmo sostenuto nella narrazione, separando i “Paperi” e i “Topi”, coraggiosamente pronti a correre seri rischi per salvare il regno di Ducktopia e la Terra, ma assai ingenui nel concedere la massima fiducia al personaggio fin lì ignoto che incrociano sulla loro strada… A questo proposito, il plot twist conclusivo appare piuttosto telefonato, ma d’altronde gli autori si dilettano a disseminare qua e là indizi, su tutti l’inquietante primissimo piano che chiude pagina 51.

Francesco D’Ippolito ha modo di sbizzarrirsi in tavole di sicuro impatto, come la doppia delle pagine 52-53, e spicca anche l’intera pagina 70, che mostra la rocambolesca caduta dalle scale di Topolino assieme a un suo classico antagonista…

Essendo solo a metà del cammino, staremo a vedere in che maniera procederà la saga, che nel capitolo iniziale di due anni fa ha avuto nel sorprendente finale il punto di forza.

Che responsabilità per Topi e Paperi…

Dopo una scorpacciata di fantasy, restiamo lontani – ormai pare sia una discutibile abitudine – dalla rassicurante “quotidianità” di Topolinia o Paperopoli, e torniamo indietro di un paio di secoli abbondanti, per la precisione al 1804. La fattoria dei bambini, terzo episodio delle avventure di Cornelius Coot, è il piatto più prelibato del numero.

Questo “racconto di frontiera”, come l’ha definito il direttore Alex Bertani, è quanto mai coinvolgente. Sembra davvero di essere lì, con Cornelius e il fedele amico Marmotta, ad affrontare le difficoltà della vita da trapper, nel corso di un itinerario audace ed estenuante, che stavolta li porta “da qualche parte fra la Pennsylvania e l’Ohio”. Siamo in una zona spopolata, perché gran parte delle famiglie ha preferito trasferirsi altrove, in un piccolo centro urbano oltre le colline, e quindi l’isolata fattoria dove i due compagni di viaggio ricevono ospitalità è esposta alle razzie dei fuorilegge.

Si vede nitidamente come Alessandro Sisti stia svolgendo un lavoro certosino nella ricostruzione di atmosfere e sapori dell’epoca. Sono delineati alla perfezione, e inseriti in modo appropriato nel contesto storico, anche i personaggi secondari, come il burbero nonno Tom, che pian piano si scioglie narrando a Cornelius il suo passato di tamburino nella guerra d’indipendenza (molto gradita la reminiscenza ciminiana), la saggia e comprensiva nonna Caterina e la nipote Greta, dolce, sagace e determinata.

Valori quali la solidarietà, la lealtà e l’amicizia emergono limpidi e senza retorica in questo delizioso affresco della vita dei pionieri, che richiama spontanee alla mente remote suggestioni cinematografiche: ad esempio, seppure nel libretto siamo in un periodo antecedente all’epopea del Far West, certe pellicole con John Wayne dirette da John Ford (ma anche il Trinità di Terence Hill!).

Lo sceneggiatore è coadiuvato ai disegni da Simona Capovilla, che sta sfruttando al meglio l’opportunità offertale fin dal secondo capitolo, Lo stato senza mappa, uscito ad aprile, dopo che il debutto, L’esilio dei Van Coot, con le matite di Ivan Bigarella, era stato premiato con il Topo Oscar quale miglior storia lunga dell’anno scorso. E chissà cosa ci riserverà in futuro questo magnifico percorso, che uno dei nostri eroi dovrà proseguire in solitudine…

Oltre al consueto Che aria tira di Silvia Ziche, il libretto conta anche tre one page. Quella in chiusura, Soluzioni alternative, realizzata nelle vesti di autrice completa dalla promettente Giulia Lomurno per la rinnovata serie Dal diario di Paperina, illustra una gag semplice ma simpatica con Pico. Le altre due sono dedicate al cantautore Mr. Rain, molto amato dai più piccoli, ribattezzato per l’occasione Mr. Piogg nella versione paperizzata di Roberto Gagnor e Alessandro Perina.

In definitiva, il numero non può che incontrare il favore dell’ampia fetta di pubblico amante dei mondi fantastici. È, però, soprattutto la bella storia di Cornelius a nobilitare l’uscita, per una valutazione globale che si attesta sulle tre stelle e mezza.



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Autore dell'articolo: Fabrizio Fidecaro

A cinque anni cominciai a leggere Topolino, a sette fui travolto dal vento del sud. Da allora il fumetto Disney ha sempre fatto parte della mia vita. Amo lo sport (da spettatore), i libri di John Fante e Simenon, i film di Hitchcock e Wes Anderson. Il Papersera mi ha dato l'opportunità di incontrare grandi autori e nuovi amici.