Topolino 3576

05 LUG 2024
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Topolino 3576

Grandi sono le soddisfazioni di una vita laboriosa, agiata e tranquilla, ma ancora più grande è l’attrazione dell’abisso”. Chissà se, al di là delle apparenze, vale anche per Paperino…

Al riguardo prova a indagare Marco Nucci. Lo sceneggiatore emiliano, che non ha mai nascosto la passione per Dino Buzzati, omaggia Il colombre, probabilmente il più celebre tra i suoi racconti brevi (da cui è tratta la citazione sopra riportata), con un rifacimento in salsa Disney, che apre Topolino 3576, quasi interamente dedicato al novantesimo compleanno di Donald Duck.

In Paperino e l’ombroso, Nucci ci riporta indietro a quando Donald era un giovane marinaio con il ciuffo sbarazzino, carico di speranze e buona volontà. Lo incontriamo in una notte di foschia, con il vento che gli fa volare via il berretto. Mentre il copricapo si allontana tra le onde, dalle profondità dell’oceano emerge un gigantesco mostro marino, che fissa il nostro per un attimo e scompare. È la maledizione dell’ombroso, un essere leggendario e minaccioso che solo lui riesce a vedere: per salvarsi, Paperino, novello Stefano Roi, dovrà restare lontano da qualsiasi specchio d’acqua.

E guardo le onde da un oblò…

L’autore adatta bene il testo dell’opera di riferimento all’universo paperopolese e cerca di ricrearne, per quanto possibile, i toni fantastici e inquieti. A tale scopo s’indirizza anche il lavoro di Giorgio Cavazzano, che lo coadiuva ai disegni. Il Maestro veneziano può non convincere appieno in qualche volto, ma è sempre capace di regalarci magnifici tratteggi dei suoi, ben valorizzati dalla colorazione di Gaetano Gabriele D’Aprile.

La storia è ambientata nel passato, alla vigilia del Natale sul Monte Orso, ma nello scorrerne le pagine sembra quasi di essere trasportati in un’atmosfera onirica, fuori dal tempo. Quello cui assistiamo, in realtà, potrebbe essere un sogno dalle tinte vagamente horror, volto a farci immergere in alcuni aspetti della complessa psicologia del protagonista. Il risultato è valido e conferma che, se ben sviluppate, le tematiche più “serie” e introspettive hanno un indubbio fascino: l’importante è che non se ne abusi, trascurando e penalizzando il lato “comico”.

Come in un cartone animato!

Ciò non accade in Paperino e la banda del Lupo, con la quale gli affiatatissimi Francesco Artibani e Lorenzo Pastrovicchio chiudono la loro “trilogia classica”. In una storia godibile e filologicamente rispettosa sono numerosi i punti da rimarcare, che fanno tanto, piacevolmente, anni Trenta: le pagine “invecchiate” ad arte, la colorazione vintage di Andrea Stracchi, le tante gag, i nipotini ancora discoli e indifferenziati che si completano le frasi a vicenda. E poi il ritorno di Setter e Musone, ma anche del temibile e infido villain che ha spazio già nel titolo.

Il Pastro è libero di sbizzarrirsi nel dipingere da par suo scene dal ritmo frenetico, dando al lettore l’impressione di trovarsi all’interno di un cartone animato d’epoca (cominciato, ovviamente, dopo la sigla con l’iconico primo piano ripreso da Andrea Freccero per la copertina). Un lavoro convincente, tra Gottfredson, Osborne e Taliaferro, ma con un tocco d’autore originale, nobilitato, inoltre, da un finale azzeccato, di quelli che ti lasciano con il buonumore addosso.

Riferimento autobiografico?

A proposito di buonumore, seguono venti tavole di puro spasso, quelle di Tutti i lavori di Paperino. Qui, dopo una bizzarra premessa, un ispirato Tito Faraci ci mostra, in una serie di vignette intrecciate mirabilmente tra loro, novanta (più o meno) improbabili professioni svolte da Donald: dal giardiniere al palombaro, dal commerciante di cristalli allo spostatore di massi dagli argini di un fiume (!). Fondamentale, come sempre, l’apporto di Enrico Faccini, che dona ai personaggi un’irresistibile espressività, tale da strappare diverse risate di gusto.

Chiude il libretto I Bassotti e la missione a rovescio. Con la professionalità e la cura dei dettagli che lo contraddistinguono, Alessandro Sisti confeziona una “storia su commissione” ben più gradevole della media. L’avvio è incentrato su Paperone e i tre nipoti “adulti”, Paperoga, Gastone e Paperino, tutti perfettamente caratterizzati (gli ultimi due rinnovano persino la propria rivalità, ultimamente quanto mai annacquata, con una breve scazzottata!). L’attenzione si sposta poi sui Bassotti e sulla loro missione banditesca nello “spazio”. Ad accoglierli alla base, nelle vesti d’istruttore, è l’esperto astronauta Luke Papertano (alias Luca Parmitano, vecchio amico di Topolino, cui sono dedicate ben otto pagine d’intervista). Da qui si dipana una trama divertente e movimentata, nella quale non tutto è come sembra, ben raffigurata da Andrea Malgeri, che ci dona, fra l’altro, alcuni primi piani molto incisivi.

Detto che, in occasione di Etna Comics, è stata prodotta un’edizione variant del numero con la cover di Marco Gervasio, va segnalato come, nell’ambito di un’uscita che intende onorare Donald, in cui le storie ne illustrano con efficacia vari lati del carattere, sia un peccato che l’articolo introduttivo a corredo contenga alcune evidenti imprecisioni. Da questo punto di vista si sarebbe potuto fare di più e di meglio per festeggiare in modo degno il papero più amato del mondo. Il quale, comunque, impegnato com’è a ronfare beato su una poltrona (vedi statuetta progettata da Emmanuele Baccinelli, distribuita in possibile abbinamento), non dà certo l’idea di essersela presa…



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Autore dell'articolo: Fabrizio Fidecaro

A cinque anni cominciai a leggere Topolino, a sette fui travolto dal vento del sud. Da allora il fumetto Disney ha sempre fatto parte della mia vita. Amo lo sport (da spettatore), i libri di John Fante e Simenon, i film di Hitchcock e Wes Anderson. Il Papersera mi ha dato l'opportunità di incontrare grandi autori e nuovi amici.

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